Onorevoli Colleghi! - Nella passata legislatura, dopo un lungo dibattito, svolto prima nel Comitato «sui rapporti per gli enti locali», e successivamente all'interno della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, si giunse all'elaborazione di una proposta di legge (atto Camera n. 6242, XIV legislatura) sottoscritta dai capigruppo di tutti i gruppi presenti in Commissione, in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per fenomeni di infiltrazione mafiosa. Poiché la questione, non affrontata nella passata legislatura, mantiene una sua cogente attualità, si ritiene di ripresentare la proposta di legge nell'identico testo del citato atto Camera n. 6242, XIV legislatura.

      La presente proposta di legge si propone l'obiettivo di introdurre modifiche alle norme vigenti in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali nelle ipotesi di collegamenti o di condizionamenti causati dalla presenza della criminalità organizzata, al fine di rendere più efficaci e incisivi i provvedimenti adottati dallo Stato.
      Le norme vigenti in materia sono contenute negli articoli 143 e seguenti del testo unico delle leggi sull'ordinamento

 

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degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che ripropongono, con alcune modifiche, l'articolo 15-bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, recante l'originaria disciplina in materia di scioglimento di consigli comunali e provinciali conseguenti a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.
      L'esperienza applicativa di dette norme, che pure rivestono basilare importanza nel contesto della strategia di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, non ha sempre fornito risultati significativi, poiché spesso lo scioglimento non ha rappresentato, per gli enti locali interessati da condizionamenti o da infiltrazioni di tipo mafioso, occasione di rinnovamento e di sottrazione dal giogo che la criminalità organizzata impone con il controllo delle attività amministrative.
      Le cause di tali insuccessi sono molteplici e in relazione ad esse sono state operate le considerazioni che hanno guidato l'elaborazione della presente proposta di modifica di alcuni articoli del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

La responsabilità della gestione dell'ente locale.

      Come noto, il citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha veicolato all'interno degli ordinamenti degli enti locali le norme previste per la dirigenza pubblica statale, contenute prima nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le cui norme sono state abrogate e sono confluite nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di funzioni e di responsabilità della dirigenza. Il principio fondamentale cui è stato uniformato l'ordinamento degli enti locali è il principio di separazione dei poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, che spettano agli organi di governo, dai poteri di gestione amministrativa, finanziaria e contabile, di competenza dei dirigenti. Diretta conseguenza è il passaggio alla competenza dei dirigenti di una lunga serie di atti riguardo ai quali gli amministratori esercitano solo un compito di indirizzo politico e di controllo.
      Da tale considerazione scaturiscono due conclusioni alle quali informarsi nell'adeguamento della normativa in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali.
      La prima di esse è costituita dalla necessità di salvaguardare l'amministrazione che, pur evidenziando nella propria gestione elementi di compromissione del buon andamento e dell'imparzialità dell'azione, non manifesti responsabilità del livello politico; l'altra conclusione è costituita dalla necessità che il livello dirigenziale, responsabile della gestione, sopporti le conseguenze della propria condotta che, sebbene immune da rilievi di ordine penale, concorra a fondare la proposta di scioglimento formulata dal prefetto.
      In tale ottica, è necessario introdurre modifiche alle norme vigenti prevedendo la possibilità di un commissariamento dell'ente locale limitato all'area gestionale-tecnica, da realizzare mediante la nomina di un commissario straordinario con le funzioni del direttore generale con poteri di avocazione delle funzioni gestionali, amministrative e finanziarie dei servizi interessati. È necessario, inoltre, prevedere norme che regolino le sanzioni da irrogare nel caso in cui emergano elementi a carico del personale e dei dirigenti, con un regime diverso in base alla categoria di appartenenza del soggetto; nel caso dei dirigenti, infatti, l'accertamento di elementi atti a fondare lo scioglimento del consiglio deve comportare la risoluzione del rapporto di diritto pubblico o privato instaurato con l'ente, per il venire meno del rapporto fiduciario sottostante; per i lavoratori dipendenti, invece, l'accertamento dei predetti elementi deve determinare la sospensione dall'impiego e l'avvio del procedimento disciplinare per l'accertamento degli elementi che costituiscono giusta causa del licenziamento ai sensi delle norme vigenti in materia di pubblico impiego.

 

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Accertamento dei presupposti per la richiesta di scioglimento.

      Uno degli aspetti che merita particolare attenzione è rappresentato dalla previsione in base alla quale il prefetto nomina una commissione di indagine per l'accesso presso l'ente locale, mediante la quale accerta, con l'esercizio dei poteri del prefetto delegati dal Ministro dell'interno all'atto della cessazione delle funzioni dell'Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, la consistenza degli elementi sui quali fondare la proposta di scioglimento, rappresentati dai vizi e dalle anomalie dell'azione amministrativa dell'ente. In relazione a tale specifico aspetto, è opportuno rilevare che la normativa attualmente in vigore prevede l'ipotesi dello scioglimento del consiglio nei casi in cui, tra le altre cose, risulti compromesso il buon andamento dell'ente, ove per buon andamento si intende, solitamente, il dovere, o l'onere, del funzionario pubblico di svolgere la propria attività secondo le modalità più idonee e opportune ai fini dell'efficienza, dell'efficacia, della speditezza e dell'economicità.
      Se la verifica del buon andamento dell'amministrazione fa riferimento al riscontro del rispetto dei parametri di efficienza ed efficacia, non bisogna, però, dimenticare un altro principio cardine dell'attività amministrativa: il principio di imparzialità, sancito dagli articoli 3 e 97 della Costituzione ed equivalente, in buona sostanza, alla necessità che ogni atto della pubblica amministrazione sia improntato alla giustizia.
      La necessità di apportare oculate modifiche allo specifico punto delle norme vigenti scaturisce dalla ovvia considerazione che l'azione amministrativa di un ente locale che risulti improntata al rispetto dei criteri riassumibili nel principio di buon andamento, non è necessariamente, né automaticamente, un'azione amministrativa connotata anche da imparzialità, poiché può ben accadere che un atto, pur non ledendo i princìpi di efficacia, efficienza, speditezza ed economicità, abbia leso quello di imparzialità. Ciò è tanto più vero quando si versa in situazioni di condizionamento mafioso dell'attività amministrativa e le cronache giornalistiche e giudiziarie forniscono facile prova della fondatezza di tali affermazioni; non è stato, infatti, infrequente incontrare, ad esempio, appalti aggiudicati sì al prezzo più basso, in tempi celeri e senza spreco di risorse pubbliche, ma favorendo un'impresa mafiosa. Né si può pensare che, in siffatte situazioni, l'interesse dell'amministrazione pubblica non sia stato leso.
      L'assoluta necessità di verificare che l'attività amministrativa degli enti interessati da fenomeni di condizionamento mafioso sia improntata all'imparzialità, oltre che al buon andamento, impone di prevedere che i controlli delle commissioni di accesso e di indagine vertano anche su tale aspetto e che la violazione di tale principio, se causata da fenomeni di infiltrazione o di condizionamento, costituisca giusta causa dello scioglimento del consiglio dell'ente, oltre che causa di risoluzione del contratto con il dirigente che ha posto in essere, o ha agevolato, la condotta lesiva.

I termini per le indagini.

      L'eccessiva dilatazione dei tempi di intervento dello Stato nell'esecuzione delle indagini comporta il rischio che ulteriori danni siano recati all'amministrazione locale, già minata dal condizionamento e dall'infiltrazione mafiosi.
      Nella proposta di legge viene introdotto un termine di tre mesi entro il quale la commissione nominata dal prefetto deve ultimare la propria attività di indagine e redigere il documento formale contenente gli esiti di detta attività; entro i successivi tre mesi, inoltre, dovrà essere emanato il provvedimento definitivo.

Integrazione dei poteri del prefetto.

      Al fine di consentire al prefetto la migliore conoscenza possibile della realtà

 

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sottoposta a indagine con riferimento ai fattori criminali inquinanti, la proposta di legge prevede che il prefetto abbia facoltà, nel corso del processo decisionale di sua competenza, di consultare il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, integrato dal procuratore della Repubblica competente per territorio.

La gestione straordinaria.

      L'emanazione del decreto di scioglimento pone in rilievo un ulteriore aspetto da esaminare: la gestione straordinaria.
      Il sistema vigente è stato spesso caratterizzato da gestioni, da parte delle commissioni straordinarie, rivolte per lo più alla revoca degli atti emanati dagli organi colpiti dal decreto di scioglimento o, al massimo, al ripristino della situazione preesistente; gestioni quasi mai distintesi per l'azione propulsiva e di proposta tesa al recupero effettivo delle condizioni generali dell'azione amministrativa secondo il dettato della Carta costituzionale. In considerazione di ciò, si propone una modifica alla norma vigente che consentirà di vedere evidenziati, sin dalla relazione del prefetto allegata alla proposta di scioglimento, i punti critici dell'azione amministrativa che, se da un lato generano la necessità di un intervento statale di scioglimento degli organi consiliari e di sostituzione nella gestione, richiedono anche adeguate soluzioni di recupero di ogni aspetto della legalità dell'azione amministrativa condotta nell'interesse della collettività.
      L'individuazione di tali punti critici deve rappresentare l'inizio di un percorso che gli organi deputati alla gestione straordinaria devono condurre a termine con l'individuazione di soluzioni concrete ai casi specifici di anomalia che affliggono la gestione dell'ente.
      Inoltre, poiché la gestione non deve rappresentare mero traghettamento dell'ente locale verso nuove consultazioni elettorali, bensì momento di arricchimento e di crescita per la dirigenza dell'ente, nonché occasione di rinascita per la collettività amministrata, nella proposta di legge è previsto che la gestione straordinaria sia affidata a professionalità specificamente formate per la funzione, che si dedichino in via esclusiva alle funzioni commissariali, individuate nel ruolo dei commissari straordinari da istituire presso il Ministero dell'interno e nel quale fare confluire dirigenti in possesso di comprovate capacità di gestione di situazioni complesse, quali quelle che si presentano ordinariamente agli organi incaricati della gestione straordinaria.
      Sono, altresì, previste specifiche previsioni sulla formazione di tale ruolo, nonché precise indicazioni in ordine alla provenienza extraprovinciale dei commissari straordinari.
      Inoltre, al fine di migliorare la qualità della gestione straordinaria, è previsto che i poteri della commissione allo scopo nominata devono ispirarsi a princìpi di promozione della legalità, dello sviluppo e della partecipazione democratica, e devono essere caratterizzati da una maggiore incisività concessa, anche in deroga alle norme vigenti nei singoli comparti, in ragione del carattere di eccezionalità che le esigenze di contrasto alle infiltrazioni mafiose rendono necessaria.
      Sul versante degli appalti, dei servizi e delle forniture, la maggiore incisività si estrinseca nella possibilità di stipulare contratti a trattativa privata anche in deroga alle norme di contabilità pubblica, nel rispetto dei limiti posti dalle assegnazioni dell'ultimo bilancio approvato, fermo restando l'obbligo di congrua motivazione dei provvedimenti adottati.
      La richiesta di maggiore incisività della gestione straordinaria si riverbera anche sul fronte della gestione del personale. Fermo restando, infatti, che i rapporti fondati su base essenzialmente fiduciaria, come l'assegnazione di incarichi ai dirigenti, conoscono la propria risoluzione «ope legis» per effetto del decreto di scioglimento, è opportuno che gli organi incaricati della gestione straordinaria approntino e attuino le modifiche ritenute necessarie per il conseguimento dell'interesse pubblico in ordine a spostamenti del

 

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personale, anche in deroga alle norme in materia di contrattazione e di concertazione con le organizzazioni sindacali nei confronti delle quali, a fronte dell'eccezionale interesse dello Stato al ripristino della legalità nello svolgimento dell'azione amministrativa gravemente compromessa dall'infiltrazione mafiosa, residua un obbligo di mera comunicazione preventiva dei provvedimenti adottati.

Ineleggibilità.

      Spesso i risultati prodotti dalla gestione straordinaria risultano compromessi dalla rielezione al turno successivo dei soggetti che in precedenza avevano determinato l'infiltrazione e il condizionamento dell'attività amministrativa dell'ente.
      Ciò ha imposto la ricerca di nuove forme e modi per individuare concretamente la responsabilità degli amministratori alla cui condotta sia direttamente imputabile l'insorgere delle cause che hanno determinato l'adozione del provvedimento di scioglimento; individuate tali responsabilità, la proposta di legge introduce una norma che, con effetti limitati e temporanei - nel rispetto delle riserve fissate dalla Costituzione e nella considerazione che non si tratta di uno strumento di interdizione che si sovrappone ai provvedimenti di interdizione propri dell'autorità giudiziaria - impedisce a tali amministratori la rielezione nel turno di elezioni amministrative immediatamente successivo.
      L'indicazione delle condotte e degli autori di esse dovrà essere immediatamente e univocamente rilevabile dalla proposta di scioglimento redatta dal prefetto e riportata nello stesso decreto di scioglimento dell'organo rappresentativo dell'ente.
      Nell'articolo 143 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, come sostituito dalla presente proposta di legge, al comma 8, è affidato al tribunale il compito di dichiarare l'ineleggibilità dell'amministratore, limitatamente al turno di elezioni immediatamente successivo, secondo le regole dei procedimenti di volontaria giurisdizione in materia di stato delle persone.

Tutela giurisdizionale.

      Ferme restando le regole generali in materia di ricorribilità degli atti amministrativi e in considerazione della necessità di ottenere l'uniformità di trattamento giudiziario delle vicende relative allo scioglimento degli enti locali, si propone l'introduzione di una deroga ai princìpi generali in materia di competenza dei tribunali amministrativi regionali con riferimento alla territorialità dell'evento.
      Detta deroga prevede la devoluzione al tribunale amministrativo regionale con sede a Roma della competenza a decidere sui ricorsi avverso i decreti di scioglimento dei consigli degli enti locali, nonché della competenza a decidere sui ricorsi avverso i provvedimenti ministeriali di nomina del commissario straordinario per le funzioni gestionali e amministrative dell'ente.
      In conclusione, le modifiche proposte meritano un'attenta considerazione dettata dall'assoluta delicatezza degli interessi coinvolti, poiché esse attengono al rispetto delle condizioni di legalità necessarie per il regolare svolgimento dell'azione amministrativa; l'inderogabilità dei princìpi di libere elezioni, di rappresentatività e di libero esercizio dell'azione amministrativa nel rispetto dei princìpi costituzionali, infatti, costituisce indefettibile presupposto per un sano sviluppo civile ed economico delle collettività amministrate dagli enti locali.
      La consapevolezza che il provvedimento di scioglimento degli enti elettivi rappresenta un evento traumatico per l'intero sistema democratico impone un'attenzione costante nell'adozione e nel perfezionamento di strumenti che pongano al riparo la politica e le stesse comunità amministrate dai rischi di infiltrazione mafiosa e di condizionamento del libero svolgimento delle elezioni e delle attività politico-amministrative.

 

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